Sezione: Politiche regionali
Area: Welfare
Ridare centralità ai Piani di Zona
http://lf.proposte.ambrosolilombardia2013.it/lf/initiative/show/138.html
Al di la delle dichiarazioni a favore della sussidiarietà, la Lombardia ha di fatto riservato un ruolo marginale agli enti locali nella programmazione e gestione delle politiche sociali. La legge 328 del 2000 e la stessa legge regionale n.3 del 2008 hanno previsto che i Comuni realizzino i servizi sociali attraverso Piani di Zona, in modo da valorizzare le sinergie ed omogeneizzare l’offerta sul territorio. La Regione, però, ha continuato a gestire direttamente una quota considerevole di risorse per le politiche sociali, approvando propri bandi e definendo direttamente le risorse da assegnare a ciascuna misura specifica.
Basti pensare che, secondo una recente ricerca della Bocconi (commissionata dalla stessa Regione Lombardia), solo il 66% della spesa regionale per le politiche sociali è riservata ai Piani di Zona. Per quanto riguarda la spesa socio-sanitaria, la situazione è ancora più macropica, dal momento che nessuna risorsa è assegnata ai Piani di Zona ma viene prevalentemente ripartita tra le ASL.
Questa modalità di azione porta a frammentare le risorse le risorse per i servizi sociali e crea rischi di sovrapposizione o di scarsa integrazione fra interventi sociali ed interventi socio-sanitari.
Occorre modificare questo sistema, riservando alla Regione la programmazione di base e i criteri di intervento ma demandando ai Piani di Zona le risorse e le competenze che possono meglio rispondere ai bisogni locali. Il budget assegnato deve essere unico e non distinto in quote vincolate a specifici obiettivi, in modo da consentire agli enti locali di dare risposte più congruenti con le priorità del proprio territorio, anche grazie alla possibilità di controllare più efficacemente le situazioni di bisogno delle persone (livello di autonomia, di supporto famigliare, di reddito, ecc.).
Più in generale, la Regione deve limitare i propri contributi diretti alle associazioni, ai privati, ecc. per prestazioni di interesse locale (esempio: buoni scuola, contributi per il risparmio energetico, per le politiche di conciliazione, ecc.). Certo, in questo modo si rischia di ridurre la visibilità delle politiche regionali ma l’efficienza gestionale ne guadagnerebbe.