si è vero, l'Oltrepò è l'esempio migliore in Lombardia di una mancata strategia coordinata: si sono persi centinaia di ettari di vigneti e si sono despecializzate le coltivazioni. La perdita di superficie potrebbe anche starci, c'erano troppi impianti in posizioni poco qualitative. Ma insieme a questa naturale, e credo necessaria, selezione di territorio si è avuta una trasformazione produttiva troppo radicale: un incredibile serbatoio di esperienza e anche di infrastrutture sono stati perduti. La maggior parte della produzione vitivinicola dell'Oltrepò è per fornitura di Pinot Nero destinato agli spumanti del veneto, e pochissimi ettari sono rimasti per le coltivazioni autoctone, che invece potevano essere difese e valorizzate.
Gli impianti abbandonati perdono i diritti d'impianto che vengono incamerati dalla Regione. Certamente, la Regione potrebbe utilizzare parte di questi diritti per riavviare impianti qualitativi nell'ambito di un progetto di rilancio della viticoltura in Lombardia. Un progetto che sia rivolto soprattutto alle giovani leve per un'attività meravigliosa, difficile, affascinante e anche molto appagante se le cose vengono fatte bene. Come hanno fatto in Australia, California, ma anche in Ticino, in Germania, in Tirolo, in Georgia, ed in molte regioni italiane, eccetera, eccetera, eccetera.