Sezione: Politiche regionali
Area: Come sostenere e promuovere la cultura
Linee guida per una nuova politica della cultura
http://lf.proposte.ambrosolilombardia2013.it/lf/initiative/show/54.html
La cultura, in Lombardia come in Italia, appare più un peso che una risorsa. Lo dicono i fatti: per gran parte delle amministrazioni di ogni ordine e grado e - purtroppo - quasi indifferentemente dal colore politico, la cultura è una mera voce di bilancio, che si può sottoporre a cure dimagranti senza sollevare le stesse proteste che si scatenerebbero in caso di analoghi tagli ad altri settori (educazione, sociale, ecc.). Di più: i beni culturali sono spesso vissuti come una zavorra, che richiede onerosi contributi per la manutenzione e la tutela, contributi che - specie in tempo di crisi - si vorrebbero poter destinare altrove. Lo stato attuale delle cose è il risultato di una deformazione del senso e del valore della cultura che risulta più facilmente comprensibile se - anziché dal punto di vista negativo espresso dallo slogan «con la cultura non si mangia» - consideriamo il problema nel suo risvolto opposto e complementare, identificato dal motto "pro-cultura": «La cultura è il petrolio dell'Italia». Entrata nell'uso comune, la metafora esprime in senso inverso la medesima deformazione, l'idea cioè che la cultura rappresenti una sorta di giacimento a cui attingere per trarne profitto sino all'esaurimento. E che questa sia stata l'unica accezione "positiva" della cultura colta dalla politica si riscontra nell'evidenza che - quando non si è proceduto a smantellare e tagliare - o si è conservato l'esistente - al punto da congelare un presente/passato dai tratti caricaturali - oppure si è puntato sul modello "grandi eventi", che proprio in quanto eventi non esprimono altro che se stessi, togliendo qualunque rilievo e significato al territorio che li ospita. Sia l'accezione negativa che quella positiva, dunque, fanno coincidere la cultura con i beni culturali - ed è già un errore grave - ma soprattutto appaiono misurarla tanto con categorie tradizionali discutibili - sovrapponendo, altro errore!, la cultura all'arte, ammettendo nel "pantheon" letteratura, pittura, musica, ma non, ad esempio, l'informatica - sia da una prospettiva unicamente quantitativa, che considera buono solo ciò che, prima o poi, produce beneficio economico. La Regione Lombardia, in questi anni, non si è certo sottratta a questo modello. Prima di tutto, ha ascoltato poco e agito in maniera verticistica: le decisioni sono state prese dall'alto, senza un'adeguata interfaccia con i territori. In secondo luogo, ha fatto poche scelte: più che imporre una prospettiva politica, finanziamenti e sostegni - peraltro in continua decrescita - hanno prevalentemente immobilizzato il quadro della proposta culturale, favorendo i rapporti già esistenti e lo status quo. Infine, ha distribuito risorse con selezioni troppo blande, tendendo più ad accontentare il maggior numero possibile di realtà che non ad individuare delle priorità ben definite, capaci di intersecarsi con una più ampia visione dello sviluppo futuro dell'area. Per riassumere, la politica regionale è stata interamente succube della prospettiva quantitativa della cultura che ho sommariamente cercato di descrivere: molta (ma sempre meno) conservazione e poca innovazione, privilegio accordato all'esistente piuttosto che al nuovo, dispersione delle risorse in troppe e non sempre certificate direzioni, con il principale risultato di aver alimentato il comune senso di fastidio di parte dell'opinione pubblica per gli sprechi e le elemosine. Invertire la rotta significa quindi, prima di ogni altra cosa, offrire ai cittadini una visione della cultura diversa, non elitaria e soprattutto non in opposizione alle altre dimensioni del vivere civile, ma indispensabile tessuto connettivo della società. Cultura non è beni culturali, cultura non è tradizione, cultura non è petrolio: cultura è produzione di idee. Ricercare, sperimentare, incontrarsi, ascoltare, riflettere sono tutti strumenti attraverso i quali la cultura sa promuovere il rinnovamento continuo di una comunità, mettendo in circolo sangue fresco che alimenta la crescita dell'organismo sociale e agisce al tempo stesso da anticorpo contro le stratificazioni di interessi e il congelamento dei rapporti di forza. E, in questo senso, la cultura è la vera risposta alla crisi: non solo per il risveglio di potenzialità economiche - che pure è fattore importante - ma soprattutto per la sua capacità di disegnare orizzonti e vie di fuga dal declino, di offrire speranza e prospettive. Ecco quelli che mi sembrano punti concreti e irrinunciabili perché la Regione Lombardia sappia proporsi come nuovo modello culturale, favorendo la sua crescita e quella del Paese:
PRIMA DI DECIDERE, BISOGNA CONOSCERE: se anche l'abitudine generale è stata quella di tutelare l'esistente, gran parte del patrimonio culturale della Regione non è mai stata adeguatamente valorizzata. Attraverso una più stretta collaborazione con i territori e gli enti locali, il primo passo indispensabile è costruire un quadro realmente esauriente di ciò che nella Regione c'è e delle condizioni in cui si trova, per promuovere programmi di recupero e valorizzazione fondati sulla realtà.
VECCHIO NON VUOL DIRE BUONO: non si tratta, naturalmente, di disconoscere il valore della tradizione e di calpestare la storia. Tuttavia, non si devono considerare monumenti intoccabili iniziative - ad esempio: festival, rassegne, esposizioni, ecc. - solo per il fatto che esistono da alcune decine di anni, per quanto prestigio abbiano meritato in passato. Se tali iniziative faticano a produrre risultati - non in termini economici, ma nell'ambito della creazione di nuovi stimoli e della capacità di coinvolgere e di rispondere ai bisogni profondi della comunità - non devono essere tenute per forza in vita con il sostegno della Regione, che deve sempre investire sulla vitalità e la capacità di rinnovarsi.
GIOVANE NON VUOL DIRE NUOVO: produrre cultura non è una questione anagrafica, né delle persone né delle realtà che operano in questo settore. Mettere in guardia nei confronti della indifferente prosecuzione dell'esistente non significa meccanicamente invitare a sostenere forze giovani; se è indubbia l'importanza di offrire opportunità alle nuove generazioni, bisogna sempre vagliare in primo luogo la reale portata innovativa delle idee di cui si fanno promotrici, valutando le concrete capacità di disegnare cammini di cambiamento, crescita e maturazione della comunità.
AIUTARE TUTTI SIGNIFICA NON AIUTARE NESSUNO: bisogna scegliere. La logica elettoralistica di piccolo cabotaggio per cui gli aiuti a pioggia si traducono in voti è particolarmente poco lungimirante in ambito culturale , perché risorse troppo frammentate impediscono di realizzare progetti di ampio respiro. La priorità è investire su progetti di qualità, che rispondano all'immagine complessiva di sviluppo futuro della Regione che si vuole promuovere, concentrando le energie - soprattutto in un periodo caratterizzato da scarse risorse - per stimolare in maniera sensibile i percorsi culturali più promettenti.
BISOGNA COLLABORARE: il territorio lombardo, specie dopo anni di futili particolarismi, tende alla frammentazione e all'irrigidimento nei campanilismi, così ciascuna provincia pensa a sé, ciascun comune pensa a sé e all'interno di ogni comune teatri, associazioni e promotori culturali in genere operano spesso in sterile competizione, danneggiando anziché arricchire il panorama della proposta culturale. La Regione deve dunque agire da perno di una rinnovata alleanza culturale, condizionando i finanziamenti alla collaborazione tra realtà, privilegiando sempre i progetti in rete (vera, non dichiarata) per evitare la dispersione di risorse interne e aprire la Regione alle energie provenienti dall'esterno.
LA REGIONE DEVE AVERE UN RUOLO ATTIVO: la Regione non può essere solo un filtro passivo delle proposte che provengono dal territorio, ma deve farsi portatrice di una propria visione, proponendosi come una piattaforma di confronto ma anche e soprattutto come una forza motrice, in grado di indirizzare concretamente le attività culturali dell'area integrandole in un più ampio piano di sviluppo, che le colleghi efficacemente alla proposta turistica, ai percorsi educativi, ecc.
SI DEVE DIALOGARE CON GLI ALTRI ENTI LOCALI: la Regione non può fare tutto e la selezione che essa opera sarà sempre troppo imprecisa se il rapporto con l'ente promotore avviene senza ulteriori filtri. I comuni, in particolare, possono offrire un significativo punto di vista sulle eccellenze da promuovere, sui progetti in cui investire e, al contrario, sulle realtà di cui diffidare.
VERIFICARE I RISULTATI: non ci si può accontentare di fare una scelta, bisogna seguire il cammino di un progetto e verificarne puntualmente gli esiti. Troppo spesso risorse anche ingenti sono state affidate ad avventurieri - che sono numerosi in ambito culturale come in ogni altro settore - che hanno prodotto molto meno di quanto promesso, arricchendosi indebitamente alle spalle della comunità. Soprattutto in tempi di crisi, ma ancor meglio di prassi in ogni fase storica, è fondamentale non accontentarsi di rendicontazioni sommarie e manipolate, ma pretendere sempre un quadro attendibile, anche inserendo sistemi di controllo incrociato.
DIFFERENZIARE: alcuni progetti confermano nel tempo la propria eccellenza. Tuttavia, è importante che la Regione stabilisca dei criteri di rotazione per l'accesso ai finanziamenti, per evitare di sostenere unicamente percorsi già avviati - per quanto di alta qualità - e non investire su nuove idee che potranno dare buoni frutti in futuro.
BISOGNA PRODURRE NUOVA CULTURA: la cultura è uno snodo centrale per lo sviluppo di un territorio, quindi deve essere una priorità su cui investire. Per alimentare la crescita è necessario produrre nuova cultura, cioè nuove idee, che cambino le prospettive e che imprimano una scossa dinamica alla società, con benefici estesi su vari fronti. In tale prospettiva, è importante in primo luogo che la Regione sappia garantire un orizzonte di libertà, favorendo l'accesso di nuovi attori sul palcoscenico della produzione culturale, senza imprimere recinti preconcetti ma vigilando affinché le nuove proposte non si esauriscano in sterili avventure individuali, ma sappiano stimolare la crescita e il rinnovamento del territorio e delle persone. Per questo, la Regione dovrà altresì creare le condizioni perché i progetti culturali possano combinarsi con la valorizzazione del patrimonio storico, artistico, paesaggistico del territorio secondo modalità originali, creative e spiazzanti, con positive ricadute sul piano dell'attenzione mediatica, dell'appeal turistico e del coinvolgimento attivo e vitale dei cittadini nella riappropriazione di quel sentimento di appartenenza che li rende comunità.